Anche le ostie delle messe celebrate nelle cappelle degli ospedali sono a carico del contribuente. Così come i compensi per i cappellani in corsia: l’Asl Roma 5 per i suoi 8 “assistenti religiosi” sostiene un costo di 213 mila e 840 euro l’anno, pari a 26 mila e 730 euro lordi per ciascuno dei sacerdoti (compresi quelli che officiano negli ospedali di Tivoli e Subiaco). Perché, fin dal 2001, ai cappellani degli ospedali laziali la Regione riconosce un emolumento pari all’“ex 7° livello”. E “i cappellani coordinatori” si spingono ancora più in alto: “un compenso pari a quello dei coordinatori amministrativi (ex ottavo livello)”. Per passare dalla sagrestia alla corsia, infatti, agli oltre 50 preti-collaboratori spirituali, le Asl e le aziende ospedaliere da 17 anni sono tenuti a fornire anche “alloggi (acqua, gas, energia elettrica, riscaldamento, telefono, pulizia e lavaggio biancheria), servizi di mensa, pulizia, rimborso spese per i paramenti, i libri liturgici e quanto serve (cera, ostie e vino) per le celebrazioni”. A carico dei cittadini finiscono, dunque, anche quel “pane e vino che diventano il Corpo e il Sangue di Gesù”, invocati dai sacerdoti al momento della preghiera eucaristica ed “offerti” ai fedeli nel corso della santa messa celebrata all’interno delle cappelle ospedaliere. Una spesa complessiva di circa 35 milioni di euro in 17 anni, sommando i costi sostenuti dalle 7 aziende ospedaliere e dalle 10 Asl (va, infatti, avanti sin dal 2001, anno della firma del “Protocollo d’intesa tra la Regione Lazio e la Regione ecclesiastica Lazio per il servizio di assistenza religiosa agli infermi e al personale nelle aziende sanitarie”).
918 MILA EURO IN 5 ANNI – Solo la convenzione dell’ultimo quinquennio, firmata con la Diocesi di Roma dall’azienda ospedaliera “San Giovanni Addolorata”, costa al nosocomio ben 918 mila euro fino al 2019. Sarà che lo storico ospedale, fondato nel 1338, è situato proprio sul Celio, fatto sta che nel 2015 e nel 2016 ha complessivamente speso 382 mila e 884 euro (191 mila l’anno). E successivamente ha rinnovato l’atto “per il triennio 2017-2019 il cui costo complessivo di € 535.894 relativo al personale religioso che opererà in seno alla convenzione” (pari a 178.631 euro all’anno). Rispetto al biennio 2015-2016, dunque, c’è stata una riduzione annuale del 6,5% “per l’espletamento del servizio di assistenza religiosa cattolica nei presidi “San Giovanni” e “Addolorata”. Dove operano complessivamente 6 cappellani. Nel bilancio dell’azienda sanitaria i costi sono indicati alla voce “collaborazioni coordinate e continuative non sanitarie da privato”.
“NON PIU’ DIPENDENTI” – Questo cambio di status è dovuto al fatto “che non è più possibile inquadrare i cappellani alla stregua del personale dipendente- ha scritto l’Asl di Viterbo- e, a seguito di un concordamento delle parti, si è convenuto di procedere alla rimodulazione dei costi del servizio di assistenza religiosa rispetto agli anni precedenti, prevedendo che l’Asl corrisponderà alla Diocesi di Viterbo un compenso omnicomprensivo annuo pari a 100 mila euro”. Rispetto agli anni precedenti, dunque, “abbiamo ridotto del 30% l’importo: da 150 a 100 mila euro”, ha spiegato la direzione generale dell’azienda sanitaria. Rieti spende invece 44 mila euro l’anno per 2 cappellani. Al “Grassi” di Ostia l’assistenza religiosa “è assicurata da due cappellani cattolici che possono essere contattati su chiamata del personale del Reparto di degenza”. Il policlinico Umberto I sin dal 2014 usufruisce del servizio di “7 cappellani e una religiosa: visite agli ammalati e la Santa Comunione nei reparti durante la giornata”. Mentre il nuovo coordinatore dei cappellani del policlinico di Tor Vergata, nominato nel marzo scorso, aveva prestato servizio come cappellano ospedaliero per più di 20 anni presso l’Umberto I. E al Sant’Andrea “il cappellano è disponibile tutti i giorni: ore 8.30-18.30”.