La nottata di domenica 13 maggio è stata più agitata del solito al Pronto Soccorso di Tivoli. Una giovane, accompagnata dal fidanzato, è arrivata per farsi medicare una leggera ferita, giudicata al triage come un “codice verde”, quindi con annessa attesa. “Stiamo aspettando da troppo tempo”, avrebbero detto l’uomo e la donna, che hanno minacciato tre infermieri, i medici e un vigilante. Li avrebbero anche spintonati. Pare che la giovane coppia, residente a Tivoli, sia già stata protagonista di un analogo, precedente caso balzato nei casellari delle forze dell’ordine intervenute subito dopo l’allarme dato dal personale sanitario.
LA DENUNCIA DELL’ASL ROMA 5 – “Si è trattato di un’azione deplorevole che la Asl Roma 5 condanna duramente. A tal riguardo, grazie anche alla comunicazione tempestiva del Direttore del Pronto Soccorso, si sta provvedendo a sporgere denuncia. Sarà anche avviato un Audit interno. La Direzione Strategica esprime l’assoluta vicinanza e sostegno alle vittime di questo gesto, professionisti che quotidianamente si spendono, anche tra mille difficoltà, per garantire il diritto alla salute e all’assistenza a tutti i cittadini”.
LA REAZIONE DELLA REGIONE – “Serve una ferma condanna unitaria nei confronti della vile aggressione consumata ai danni del personale sanitario in servizio presso il Pronto soccorso dell’ospedale di Tivoli, mi auguro che sia fatta piena luce sui fatti e che i colpevoli vengano assicurati alla giustizia. Chi aggredisce un medico o un infermiere aggredisce se stesso. Stiamo parlando di persone che con grande spirito di sacrificio e professionalità si spendono ogni giorno per il prossimo”, commenta l’assessore alla Sanità e l’Integrazione Socio-sanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato. “Proprio il 22 maggio incontrerò, insieme al Presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, il Prefetto di Roma, che ha risposto positivamente alla nostra richiesta di incontro, per fare il punto sulla situazione e studiare una strategia comune per affrontare un fenomeno come quello delle aggressioni al personale sanitario in preoccupante aumento”. In Italia gli operatori sanitari subiscono una media quotidiana di 4 aggressioni: sono rimaste vittime nel 2017 di 1420 episodi violenti, sia fisici che verbali, che li hanno trasformati a loro volta in pazienti, finanche col ricorso agli psicofarmaci. Ora un sindacato, il Coas Medici, ha istituito un “contatore” delle aggressioni con tanto di sportello d’ascolto. L’Ordine dei medici ha annunciato l’organizzazione di “corsi di autodifesa” per i camici bianchi. Ed è stata lanciata una petizione online che chiede “una legge a tutela delle vittime di violenza sul luogo di lavoro per garantire la tutela legale d’ufficio gratuita”.
LA RICERCA ROMANA – Già lo scorso anno una ricerca effettuata a Roma aveva messo in guardia, rilevando che i due terzi dei medici capitolini (66%) hanno subito aggressioni sul lavoro (e ancor di più quando si tratta di donne: 7 su 10). Con conseguenti stati d’ansia (40,81%), di depressione (15,6%) o disturbi del sonno (21,36%). Questo lo stato di salute dell’assistenza sanitaria vissuta dalla parte dei professionisti romani che, almeno una volta nel corso della vita lavorativa, hanno subito un’aggressione (il 71% le donne, il 63,2% gli uomini). Così dicono i numeri quantificati dal lavoro di tesi “Il fenomeno aggressioni al personale sanitario: uno studio osservazionale nei medici dell’Ordine di Roma”, condotto da Mattia Marte insieme al professor Giuseppe La Torre e con la collaborazione del dottor Ernesto Cappellano. Un’analisi statistica condotta su un sondaggio online che ha coinvolto mille medici: 956 le risposte al questionario, restituite da 552 uomini e 404 donne, con un’età media di 51,6 anni e un’anzianità di servizio pari a 23,5 anni. E così ora “i medici sono diventati i nuovi pazienti”, commenta la psichiatra Marina Cannavò, autrice di uno studio nel quale ha rilevato “come l’utilizzo di psicofarmaci, la tendenza alla depressione e al suicidio siano una realtà concreta fra gli operatori sanitari che hanno subito aggressioni. Da diversi anni mi occupo di violenza nei confronti degli operatori sanitari da parte di pazienti e dei familiari. Un fenomeno in cui la violenza fisica è solo la punta dell’iceberg, in realtà la vera violenza è quella verbale, quella psicologica, quella che avviene quotidianamente nei servizi di emergenza in particolare, ma che avviene ormai in tutti i settori sanitari pubblici”.