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Asl Roma 5 priva di medicina nucleare: “100% di fuga, oltre 10 mila prestazioni in trasferta”

“100% fuga dei residenti dall’Asl Roma 5”. Lo scorso anno 10mila e 748 prestazioni di medicina nucleare sono state erogate in altre 7 Asl del Lazio ai residenti della Roma 5 in fuga obbligata causata dalla totale mancanza nei 5 ospedali della branca della medicina che utilizza sostanze radioattive (radiofarmaci) a scopo diagnostico, terapeutico e di ricerca biomedica. E, considerato che l’Asl Roma 5 non dispone dei centri di medicina nucleare e delle apparecchiature adatte per svolgere un’indagine diagnostica, oltre 10mila residenti sono dunque costretti a questo tipo di “pendolarismo sanitario”. Ora il Dipartimento di Epidemiologia del Lazio cerca di correre ai ripari e stima due presidi di medicina nucleare da aprire nell’Asl Roma 5: “uno entro il 31/12/2022 e uno fra il 01/01/2023 e il 31/12/2027”. Un’attesa infinita, da un minimo di quasi 4 anni ad un massimo di 8. Anche se l’Asl Roma 5 è abituata a questo tipo di lunghe attese: basti pensare ai quasi 5 anni passati dall’annuncio dell’acquisto dell’unica risonanza magnetica, tuttora mancante.

RISONANZA MAGNETICA – Nel marzo 2014, l’Asl chiese 600 mila euro alla Regione per l’acquisto di una risonanza magnetica, “apparecchiatura inesistente presso questa azienda, che attualmente effettua esami diagnostici in accreditamento con una cospicua spesa”. Ossia 6.553.815 euro (489.373 a carico dei pazienti e 6.113.942 a carico della Regione) per le 37.989 risonanze, tutte effettuate presso le strutture private convenzionate per i quotidiani andirivieni dai 5 ospedali. Dopo 15 mesi “la Regione ha concesso i finanziamenti, ma l’azienda è in attesa dell’autorizzazione definitiva”, spiegò l’Asl, che ancora deve acquistare l’ormai basilare strumentazione diagnostica per il Dea-Ps di Tivoli, riannunciata nel marzo scorso: “nuova Tac (64 strati) e una Risonanza Magnetica (1,5 T) per l’ospedale di Tivoli, una Tac (64 strati) ed un S-Scan per l’ospedale di Colleferro, una Tac (32 strati) per quello di Palestrina ed una S-Scan per Subiaco”.

TAC SUBIACO: 11 ANNI – Ma, 10 mesi dopo l’ennesimo annuncio dell’Asl, ancora non arriva nessun acquisto negli ospedali. E dire che, nel novembre 2013, fu lo stesso direttore generale dell’Asl a denunciare che “neanche in Africa c’è una situazione così, perché visitando gli ospedali dello Zambia abbiamo visto che li hanno la risonanza magnetica e qui ancora no. Anzi nei sei ospedali abbiamo Tac vecchie di 12 anni, quella di Subiaco risale al 2001, a Tivoli e Colleferro sono del 2008”, disse l’allora capo dell’azienda, Nazareno Brizioli. Sei anni dopo è cambiato ben poco: nel 2015 Tivoli ha acquistato una nuova Tac, trasferendo quella vecchia (classe 2008) a Subiaco, che dunque si ritrova nuovamente con una attrezzatura ultradecennale, limitata dai continui guasti dovuti all’obsolescenza e alla senescenza che obbligano ai trasporti in ambulanza di pazienti e degenti fino a Tivoli nei ricorrenti tilt di una macchina ormai inadeguata, dotata di soli 16 strati.

PET – Per non parlare delle Pet: in tutto il Lazio ci sono attualmente solo 8 macchinari che erogano prestazioni di Tomografia a emissione di positroni per i malati oncologici. Ovviamente nessuna nell’Asl Roma 5 e neanche in futuro. Perché la Regione, “nel quantificare le prestazioni PET erogate ai residenti del Lazio (n. 27.521) rileva una fuga pari a n. 9.180 unità erogate fuori dal territorio regionale”, che costa ben 9 milioni e 700 mila euro di rimborsi alle altre Regioni, Campania e Molise in testa. Il Dipartimento di Prevenzione ha fatto una “stima del numero dei macchinari PET da attivare entro il 2027, pari a n. 8 (ivi compresi i n. 2 in programmazione previsti presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I e nel territorio della Azienda Sanitaria Locale di Viterbo), al fine di recuperare la mobilità passiva di prestazioni PET, oltre che di garantire un’equa ridistribuzione dell’offerta sul territorio regionale”. La mobilità passiva “è un fenomeno in costante aumento con un incremento percentuale del 58% in appena quattro anni”.