Famiglie sull’orlo di una crisi di nervi per la salute mentale nell’Asl Roma 5. I pazienti in carico all’azienda sanitaria sono 7027 e dovrebbero esserci 335 operatori. Invece le carenze raggiungono il 67% dell’organico: ne mancano all’appello ben 225 e sono in servizio solo 110 operatori. Anche nei 2 reparti ospedalieri di Tivoli e Colleferro mancano 43 operatori. Come ha denunciato anche la presidente della Consulta regionale per la Salute mentale, Daniela Pezzi, “l’assistenza psichiatrica nel Lazio non è per tutti, ad oggi”. Il problema è “la soglia per l’esenzione, non adeguata, visto che è ferma a 20 mila euro, a fronte di Regioni come l’Abruzzo in cui è fissata a 30 mila, lasciando fuori molte famiglie dall’assistenza, di cui non possono permettersi di farsi carico in proprio”. Per gli utenti con redditi ISEE fino a 13 mila euro il ricovero è a carico di Comune e Regione. Per quelli che hanno redditi fra i 13 e i 20 mila, invece, il Comune procede al progressivo calcolo del coefficiente di compartecipazione della quota sociale (pari al 60% della tariffa giornaliera di 108 euro). Mentre chi supera i 20 mila euro è tenuto a pagare l’intera quota sociale (64,80 euro), con la restante quota sanitaria del 40% (43,20 euro) sostenuta dalla Regione. Fino al 2017 il peso delle quote era esattamente inverso e l’aumento della quota a carico dell’utenza (e dei Comuni) ha creato non pochi problemi ai bilanci di famiglie e municipi. Chiamati già a fronteggiare, peraltro, le carenze di un settore che nel Lazio presenta posti letto dimezzati nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri (ne mancano ben 274 sui 589 previsti) ed organici ai minimi livelli (una media del 59% degli operatori in meno, con punte anche del 79% nell’Asl Roma 3). “Nel Lazio la spesa dedicata è pari solo al 3,3% della spesa sanitaria totale, ben lontana dalla soglia minima del 5% cui si erano impegnate le Regioni con un documento sottoscritto all’unanimità da tutti i presidenti nel 2001”, lamenta da un anno Progetto Itaca Roma. Solo nella Capitale sono oltre 30 mila le persone soffrono di disturbi psichici. Nel Lazio “sono 325 gli operatori ancora mancanti all’appello, in rapporto a 75 mila pazienti presi in carico dal Sistema sanitario regionale”. Tante sono le carenze patite anche dai 256 tra Centri di salute mentale, strutture residenziali e centri diurni attivi nella Regione, che dispone di 357 posti letto di degenza ordinaria (7,3 ogni 100.000 abitanti), di cui 83,2% pubblici e 16,8% privati (la dotazione complessiva di personale dipendente è, invece, di 2.213 operatori). Tutti numeri ritenuti insufficienti dalla Consulta regionale per la salute mentale. Anche secondo gli esperti della Società italiana di Epidemiologia psichiatrica “i dati relativi ai servizi di Salute Mentale della Regione Lazio mostrano carenze diffuse rispetto all’offerta di strutture territoriali (-33,1%), e semiresidenziali (-34,2%). Anche i posti letto in SPDC (-31,0%) e l’offerta residenziale (-28,4%) sono al di sotto dei valori di riferimento nazionali. Inferiore risulta la dotazione di personale (-22,1%)”. Per non parlare delle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza detentive), quelle che hanno preso il posto degli ospedali psichiatrici giudiziari chiusi per legge da 4 anni. La struttura “definitiva” di Subiaco è in ritardo di ben 21 mesi (doveva essere inaugurata “entro luglio 2017”, invece i lavori sono bloccati da un anno) e “continua a registrarsi una carenza cronica di disponibilità di posti nelle pochissime Rems della Regione, il che sta creando enormi difficoltà nell’applicazione della riforma, con gravi disagi per i soggetti sottoposti a misura di sicurezza, bisognosi di un trattamento non solo e non tanto contenitivo della loro pericolosità sociale, quanto piuttosto terapeutico e riabilitativo”, ha denunciato il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nella relazione d’apertura dell’anno giudiziario.