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ASL ROMA 5: 19 CONTAGIATI E 1135 PERSONE IN SORVEGLIANZA DOMICILIARE.

ASL ROMA 5: 19 CONTAGIATI E 1135 PERSONE IN SORVEGLIANZA DOMICILIARE. LA REGIONE RADDOPPIA I POSTI DI TERAPIA INTENSIVA DI TIVOLI E COLLEFERRO (MA BOCCIA SUBIACO)

“Asl Roma 5: 3 nuovi casi positivi. 62 persone sono uscite dalla sorveglianza domiciliare. Dal 28 Marzo disponibili ulteriori 10 posti di terapia intensiva”, così registra il bollettino regionale di oggi, venerdì 13 marzo. Il numero dei contagiati sale, dunque, a 19 mentre si conferma il triste primato regionale delle persone sottoposte a sorveglianza domiciliare, che però sono scese a 1135 (seconda sempre l’Asl di Latina con 1126).

Una buona notizia però c’è: con i 10 posti letto annunciati da fine mese, raddoppieranno le disponibilità attuali dei 2 reparti di Terapia intensiva dell’Asl. Proprio raddoppiando, letteralmente, gli attuali posti letto: “Tivoli (da 6 a 12) e Colleferro (da 4 a 8)”, conferma l’Asl Roma 5.

Anche se, tuttavia, resteranno sempre pochi, pari a uno ogni 25 mila abitanti nei 70 Comuni dell’Asl Roma 5 (che conta oltre mezzo milione di residenti), mentre quella regionale è di un letto ogni 11 mila laziali (518 posti per 5 milioni e 900 mila abitanti) e si abbasserà ulteriormente dopo l’attivazione dei nuovi 153 posti annunciati dall’assessore D’Amato (diventerà un letto ogni 8792 laziali).

Se questo è un buon annuncio da un lato, dall’altro però conferma quanto paventato proprio ieri dalla newsletter n° 4 de “L’Aniene”. E cioè che neanche questa emergenza basta alla Regione per ripristinare il reparto di Terapia intensiva di Subiaco, chiuso inspiegabilmente nel maggio del 2015.

Per questo motivo “L’Aniene” ieri ha fatto di nuovo appello ai sindaci del comprensorio, che lunedì 9 si sono limitati a chiedere solo “l’installazione presso il P.O. di Subiaco” dei posti letto di Terapia intensiva, senza però sollecitare la Regione alla riassegnazione del requisito fondamentale per ottenere il ripristino di quel reparto: l’attribuzione della classificazione di “ospedale sede di Pronto Soccorso” per l’Angelucci. Che può arrivare solo grazie alla deroga ottenibile, appunto, con la legge sugli ospedali montani. Una norma approvata all’unanimità nel 2009, poi bocciata dalla Corte Costituzionale solo a causa del commissariamento della sanità laziale. Ma, con la fine annunciata del piano di rientro, cadrà anche l’unico ostacolo posto contro una norma ancora attuale, che il Consiglio regionale potrebbe recuperare e riapprovare così com’è (compresi i posti letto di Terapia intensiva, già indicati nella legge).

Ossia proprio quello che questo giornale propone ai Comuni di richiedere alla Regione sin dal 4 febbraio scorso, anche se solo 5 finora hanno aderito, deliberando in tal senso (Affile, Agosta, Canterano, Cervara di Roma e Cineto Romano). Gli altri Comuni, invece, si sono limitati a chiedere, con oltre un mese di ritardo, solo il tetto d’eccellenza (il reparto di Terapia intensiva), invece di ripartire dalle fondamenta di un ospedale quasi smantellato da ormai 5 anni.

Come già scritto ieri, infatti, “in mancanza di una deroga che consenta all’ospedale di Subiaco di cambiare status, da quello attuale di “Presidio di zona particolarmente disagiata” al ripristino della vecchia classificazione di “ospedale sede di Pronto Soccorso” (tagliata nel 2014), la Regione potrebbe bollare come “irricevibile” la richiesta della sola riapertura del reparto di Terapia Intensiva. Lo ha già scritto nel Decreto n° U00222 del 15 giugno 2017, quando la Regione dovette correggere le precedenti falsità, decretate proprio sul “mantenimento della Terapia Intensiva” (dopo averla, in realtà, smantellata). “Il Tempo” ne chiese conto (proprio all’ospedale di Subiaco) al presidente Zingaretti, che per tutta risposta ricoprì di insulti il cronista, salvo poi correre ai ripari con questo Decreto U00222 per correggere l’errore dei decreti precedenti. Ammettendo “una errata corrige nel riportare la presenza di letti di terapia intensiva che, ai sensi del DM 70/2015 e del DCA U00412 del 26/11/2014 non sono previsti per il Presidio di Subiaco in quanto Presidio di zona particolarmente disagiata”.

Non lo scrive “L’Aniene”, ma l’ha già scritto in un decreto lo stesso Zingaretti: “non sono previsti per il Presidio di Subiaco in quanto Presidio di zona particolarmente disagiata”.

Se non cambia status, quindi, recuperando la vecchia classificazione di “ospedale di Pronto Soccorso” (ottenibile solo grazie alla deroga che può concedere la legge sugli ospedali montani), Subiaco non può, insomma, ottenere il ripristino della Terapia Intensiva.

E’ per questo che “L’Aniene” chiede ai sindaci di tornare sulla via maestra, approvando la delibera proposta da questo giornale oltre un mese fa, che punta al recupero di quella vecchia legge del 2009, abbandonando le loro scorciatoie estemporanee, controproducenti ed irricevibili”.

Le quali, come volevasi dimostrare, sono state puntualmente bocciate oggi dalla Regione.

 

Antonio Sbraga – L’AnienE-News n° 5 – 13/03/2020