I 6 punti da chiarire dopo l’articolo de “Il Tempo” e la replica dell’azienda
In seguito all’articolo pubblicato su “Il Tempo” il 20/11/2020 (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO), per il quale l’Asl Roma 5 non ha inviato alcuna richiesta di rettifica alla direzione del quotidiano, l’azienda sanitaria il giorno 21/11/2020 ha diffuso il seguente comunicato stampa (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO), pieno di bugie, sulle quali, in qualità di autore dell’articolo (oltre che di cittadino della Valle dell’Aniene), chiederò il necessario vaglio, a questo punto, della Procura della Repubblica di Tivoli.
Ce ne occuperemo ovviamente anche sul prossimo numero de “L’Aniene”, in edicola il 30 novembre, però urge intanto chiedere il chiarimento dei seguenti 6 punti di contestazione:
1) L’ATTIVAZIONE DEL REPARTO-COVID
“Preliminarmente occorre evidenziare che il reparto Covid di Subiaco, attivato lo scorso 16 novembre, è noto e autorizzato dalla Regione”, scrive l’Asl.
Non è affatto così. Come potranno testimoniare operatori sanitari, familiari ed amici dei degenti ricoverati, il reparto di Chirurgia è stato chiuso il 31/10/2020 e dal primo novembre è stato riconvertito in Reparto Covid con i primi degenti in arrivo dalla Rsa di Riofreddo “Rio Oasi” (una struttura dove, nonostante i 35 contagiati tra ospiti ed operatori, l’Asl non ha mai comunicato l’avvio di un’indagine epidemiologica). Domenica 15/11/2020 è stataposta, con una pec all’Asl, la seguente domanda:
in virtù di quale autorizzazione è stato riconvertito il Reparto di Chirurgia dell’ospedale di Subiaco, considerato che non è mai stato indicato nella rete-Covid della Regione Lazio, se non per i 2 posti letto di area d’isolamento a disposizione del Pronto Soccorso (annunciati sin dal maggio scorso e deliberati solo il 1° ottobre)?
L’Asl non ha mai risposto, neanche giovedì 19, quando è stata sollecitata in vista della redazione dell’articolo, pubblicato il 20/11. E solo ora, il 21/11, l’Asl scrive “che il reparto Covid di Subiaco è stato attivato lo scorso 16 novembre”, “la cui piena operatività è stata comunicata il 19 novembre” dalla Regione, guarda caso proprio il giorno in cui sapevano che si stava redigendo l’articolo per l’indomani.
L’Asl è smentita persino dal comunicato del Comune di Subiaco che, in data 10/11/2020, scrive (CLICCA QUI PER APPROFONDIRE): “In tutti gli Ospedali ASL Roma 5 è stato allestito un reparto COVID (non più una semplice area di isolamento prima del trasferimento in ospedali specializzati ma un vero e proprio reparto di cura) trasformando temporaneamente altri reparti. Nell’ospedale di Subiaco il reparto COVID affidato alla Medicina avrà 10 posti letto, in luogo del reparto di chirurgia”.
2) I 10 POSTI LETTO
“Le indicazioni regionali per l’Angelucci prevedevano la realizzazione di “almeno” due posti letto Covid, come livello minimale di assistenza da assicurare ai pazienti”, scrive l’Asl.
Affermazione smentita dalla Circolare del presidente Nicola Zingaretti, nella quale non ricorre alcun “almeno”: c’è soltanto la tassativa indicazione dei “posti a regime” ordinati. Che, per l’ospedale di Subiaco, sono “2”, come dimostra la tabella sottostante (CLICCA QUI PER APPROFONDIRE)
3) L’AUTORIZZAZIONE DELLA REGIONE
“Il 9 novembre (note prot. 36025 e 36026) è stato richiesto alla Regione Lazio il codice SIO per 10 letti di medicina COVID e comunicata la prossima attivazione dei posti letto, la cui piena operatività è stata comunicata il 19 novembre (nota prot. 37926)”, scrive l’Asl.
Alla data del 9 novembre il reparto di Subiaco, che tuttoradispone di 10 posti letto non videocontrollati (al contrario, invece, dei 2 attigui al Pronto Soccorso di Subiaco e dei 13 del Reparto-Covid di Tivoli, tutti videocontrollati, come prescrittodai protocolli), era già pieno di 10 degenti Covid. Quindi la successiva richiesta alla Regione è stata presentata il 9/11 a cose già fatte: tant’è che, guarda caso, l’operatività è arrivata proprio il giorno in cui l’Asl è a conoscenza che si sta redigendo l’articolo per l’indomani, annunciato all’azienda sanitaria sin dalla pecinviata il 15/11, poi nel corso dell’incontro nella sede di Tivoli con il direttore generale il 16/11 e, perultimo, con uno scambio di messaggi con l’addetta stampa dell’Asl, avvenuto proprio il 19/11.
4) I TRASFERIMENTI NEI COVID-HOSPITAL
“Il protocollo prevede che un paziente che necessiti di terapia intensiva venga dirottato immediatamente presso altre strutture dotate di terapia Intensiva all’interno della Rete Regionale”, scrive l’Asl.
Se è così, perché allora i 4 morti per Covid non sono stati “dirottati immediatamente presso altre strutture dotate di terapia Intensiva all’interno della Rete Regionale” prima di spirare nel reparto Covid di Subiaco? E perché le loro età non trovano riscontro fra quelle indicate nei dati anagrafici dei defunti-Covid citati nei bollettini quotidiani della Regione?
5) IL LIVELLO ASSISTENZIALE MEDIO
“L’intendimento dell’azienda è quello di mantenere un presidio “di sicurezza” per i pazienti COVID di questo territorio e dedicare i 10 posti letto ad un livello assistenziale medio, prevedendo il trasferimento dei livelli più complessi presso i presidi COVID di Palestrina e Tivoli, pur consapevoli del fatto che, soprattutto nei pazienti COVID anziani la repentina evoluzione del quadro clinico può determinare scenari imprevedibili che richiedono il massimo livello assistenziale”, scrive l’Asl.
L’Asl si auto-contraddice nella stessa frase: scrive, infatti, di voler “dedicare i 10 posti letto ad un livello assistenziale medio”, però aggiunge di essere “consapevole del fatto che, soprattutto nei pazienti COVID anziani, la repentina evoluzione del quadro clinico può determinare scenari imprevedibili che richiedono il massimo livello assistenziale”. E allora per quale motivo li ricovera in un ospedale non attrezzato a fronteggiare quella “repentina evoluzione del quadro clinico” che, come scrive la stessa Asl,“può determinare scenari imprevedibili che richiedono il massimo livello assistenziale”? Un “massimo livello assistenziale”, peraltro, che può essere assicurato solo in altri ospedali a non meno di 45 km dall’ospedale di Subiaco: non si rischia, in questo modo, di esporre al pericolo di una condanna a morte i più anziani che, come scritto, possono aggravarsi repentinamente?
6) IL LUOGO DEI DECESSI
“Tutti i decessi – spiegano dalla Direzione Sanitaria Aziendale – sono avvenuti non in reparto COVID, (attivato il 16 novembre), ma nell’area di stazionamento del Pronto Soccorso e tutti i pazienti erano caricati sulla piattaforma regionale con richiesta di trasferimento in struttura con reparto COVID”.
Non è vero. Da informazioni assunte da parenti ed amici dei defunti, solo la prima degente, una 75enne morta il primo novembre, è deceduta negli spazi del Pronto Soccorso al piano terra deliberati dall’Asl (CLICCA QUI PER APPROFONDIRE) e autorizzati dalla Regione. Tutti gli altri sono morti nel reparto-Covid ex Chirurgia al primo piano, anche dopo 10 giorni di degenza in quello stesso reparto. Un’ultima domanda all’Asl Roma 5: se è vero che “tutti i pazienti erano caricati sulla piattaforma regionale con richiesta di trasferimento in struttura con reparto COVID”, perché, allora, per nessuno dei 4 degenti morti all’ospedale di Subiaco non è stato possibile trovare un posto letto-Covida fronte dei 2913 posti-Covid a disposizione nel Lazio e degli ulteriori 2397 attivati dal 16 novembre dalla Regione (compresi i 900 di Terapia intensiva)?
Antonio Sbraga