“I miei primi 40 anni: da Pertini a Polverini, fino a Zingaretti”. Potrebbe intitolarsi così, parafrasando il famoso libro della defunta Marina Ripa di Meana, l’autobiografia dell’ospedale di Subiaco, inaugurato il 5 novembre 1978 dall’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini. L’indimenticabile presidente-partigiano, costretto dal regime fascista a passare gran parte della sua giovinezza tra il carcere e il confino, probabilmente mai avrebbe potuto immaginare che proprio quel nosocomio sarebbe finito per diventare, a sua volta, una “Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza sanitaria” (Rems), la struttura che ha preso il posto dei vecchi ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) chiusi per legge. Due dei suoi 4 piani sono stati infatti trasformati dalla Regione in 2 moduli da 20 posti letto (anche se il secondo, che doveva aprire nel luglio scorso, non è ancora pronto) per ospitare gli autori di reato malati di mente, prosciolti perché incapaci di intendere e di volere. Un progetto in contrasto, però, con le indicazioni del commissario per il superamento degli Opg, Franco Corleone, contro “la presenza di due moduli da 20 posti”. Il commissario ha fatto presente i suoi “dubbi su questa soluzione, dal punto di vista edilizio e del modello terapeutico che prefigura poiché, tendenzialmente, la sua preferenza è per una scelta verso modelli di strutture di accoglienza più piccole”, le quali dovrebbero “essere architettonicamente e strutturalmente adeguate alla loro funzione e natura che è quella di una comunità e nemmeno lontanamente di un ospedale”. E invece a Subiaco l’ospedale è costretto a convivere proprio con la Rems, alla quale ha dovuto cedere metà dei suoi posti letto per acuti, passati da 76 a 40. Con il precedente decreto 80 del 2010, firmato dalla governatrice di centrodestra, Renata Polverini, i posti previsti erano addirittura 10. Ma fortunatamente quello sciagurato decreto non è stato mai attuato, anche per le proteste clamorose (62 sono ancora sotto processo per l’occupazione dell’A24: il 6 marzo è in programma una nuova udienza) e, fino al febbraio 2015, l’ospedale ha avuto 76 posti letto. Ma, esattamente 3 anni fa, a 37 anni di vita, la Regione, contrariamente ai proclami elettorali (“gli ospedali della provincia non si toccano”, aveva giurato l’ex presidente di Palazzo Valentini, Zingaretti) ha inferto le sue amputazioni che hanno dimezzato un ospedale così descritto nella cronaca dal “Corriere della Sera” di 40 anni fa:
“Il presidente della Repubblica interviene questa mattina alla inaugurazione del nuovo ospedale di Subiaco. Al termine della cerimonia, il capo dello Stato visiterà i reparti di Rianimazione e di Chirurgia del nuovo ospedale. L’ospedale ha richiesto 11 anni di lavoro e una spesa di sei miliardi. Anche se è soltanto ospedale di zona, è uno dei più accoglienti del Lazio sia per la completezza delle attrezzature sanitarie, alcune delle quali d’avanguardia come ad esempio l’impianto per la dialisi, unico in provincia di Roma, quello per la Rianimazione e cardiologo”. Quaranta anni dopo la Rianimazione non c’è più: la Regione ha staccato la spina nel maggio 2015, anche se ha continuato a scrivere in ben 3 decreti che aveva “mantenuto i posti letto di terapia intensiva”, fino alla denuncia del falso da parte di un cronista de “Il Tempo”, preso a male parole nel maggio scorso dal presidente Zingaretti, costretto poi a dover riconoscere l’errore in un apposito decreto nel quale ha ammesso la errata corrige nel giugno scorso. Invece “l’impianto per la dialisi, unico in provincia di Roma” non entrò mai in funzione: solo da una ventina d’anni, infatti, è stato attivato un nuovo sistema, che va avanti solo grazie ai nefrologi e gli infermieri dell’ospedale di Tivoli (trasferte per anni pagate in regime libero-professionale con gettoni da 60 e 30 euro l’ora). Quanto al servizio cardiologico, indicato come “d’avanguardia” nella cronaca di 40 anni fa, ora sono rimasti in servizio solo 2 specialisti: dopo le ore 14 e nei week-end l’ospedale rimane senza (come accade per i radiologi). Per questi motivi l’“Arnaldo Angelucci” di oggi non è in grado di far suo il tormentone reso famoso nel “Caro Diario” di Nanni Moretti: “sono uno splendido quarantenne”…